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Albero del Miele (Evodia Tetradium Daniellli)

29,70 €
E’ la fioritura che fa dell’ALBERO DEL MIELE una pianta unica e molto importante per le nostre latitudini! i fiori sono piuttosto piccoli ed emanano un intenso profumo mellifluo e richiamano la forma di una piccola ninfea, sono raggruppati in vistosi infl

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Tetradium è un genere di nove specie di alberi della famiglia delle Rutacee , che si verificano in temperato a tropicale est asiatico . In vecchi libri, il genere è stato spesso incluso nel relativo genere Evodia (a volte errori di ortografia, “Evodia”), ma che genere è attualmente limitata a specie tropicali. Nella coltivazione in paesi di lingua inglese, sono conosciuti come Evodia, Evodia, o un albero ape Bee. Se isolata, ha una crescita di forma sferica con diametro di dimensioni simili all’altezza, mentre se in competizione con altre essenze tende a “filare” e, una volta superate, apre la sua chioma. Ha la tendenza di colonizzare il terreno circostante. Le foglie sono caduche, lunghe circa 15 cm, relativamente strette rispetto alla lunghezza, di un bel colore verde lucido con le lamine che tendono a chiudersi verso la parte superiore. La nervatura mediana è chiara, quasi bianca/panna, è molto visibile, mentre le nervature secondarie sono meno evidenti, ma pur sempre importanti tali da rendere la foglie particolari e, nel complesso, danno alla pianta un piacevole aspetto. Con l’avvicinarsi della stagione fredda, prima della caduta, le foglie cambiano colore e assumono il classico colore giallo, però piuttosto anonimo. L’ALBERO DEL MIELE, una volta adulto, resiste molto bene a temperature fredde anche importanti, mentre nei primi anni di vita inverni molto rigidi potrebbero danneggiarla irrimediabilmente. Una curiosità: universalmente viene chiamato ALBERO DEL MIELE, però negli USA con lo stesso nome intendono anche il tiglio (Tilia americana) E’ la fioritura che fa dell’ALBERO DEL MIELE una pianta unica e molto importante per le nostre latitudini! i fiori sono piuttosto piccoli ed emanano un intenso profumo mellifluo e richiamano la forma di una piccola ninfea, sono raggruppati in vistosi inflorescenze che li fanno apparire come un unico fiore. Nell’inflorescenza troviamo sia i fiori maschili che quelli femminili con la certezza che questi ultimi vengono sicuramente impollinati. Esistono anche esemplari con solo fiori maschili con più contenuto di polline. Di colore bianco /crema, possono essere paragonati, sia per colore che per grandezza, a quelli del nostro comune sambuco (sambucus spp) però con forma più globosa. La caratteristica più importante dei fiori dell’ALBERO DEL MIELE è però il periodo e la durata della loro fioritura: sbocciano infatti verso la fine dell’estate, potendo anticipare o ritardare secondo l’esposizione, l’orografia, la latitudine, ecc, e dura anche quasi un mese se le condizioni climatiche lo permettono in un periodo piuttosto avaro di fioriture specie quelle abbondanti e mellifere. Verso ottobre il fiore lascia il posto a minuscoli frutti di colore arancione a forma di piccole zucche che, giunte a maturazione verso novembre si aprono e lasciano cadere 4/6 semi di colore bruno/nero lucido, oleosi, piatti a forma circolare che colonizzano il suolo sottostante.L’ALBERO DEL MIELE cresce in tutti i terreni, anche in quelli poveri, sia acidi che basici, ovviamente in quelli fertili il suo sviluppo sarà maggiore e più rapido. Soffre solo i ristagni idrici. Molto semplici le potature: nei primi anni è consigliabile tagliare tutti i rami fino all’altezza di due metri, poi non sono più necessarie. E’ possibile eseguire nei periodi invernali tagli di contenimento a qualsiasi età. Se destinato ad un impianto perenne, l’ALBERO DEL MIELE, per i primi anni richiede un tutore al fine di ottenere nel futuro un esemplare esteticamente valido. Non sono noti in Italia attacchi parassitarie e fungini all’ALBERO DEL MIELE. In questo capitolo indichiamo sempre quali sono gli utilizzi e i contenuti salutistici per l’uomo delle essenze che presentiamo, ma questa volta solo indirettamente l’uomo trae beneficio dalle proprietà dell’ALBERO DEL MIELE. Il periodo di fioritura, la sua durata e l’alto contenuto di polline dei suoi fiori, lo rendono una pianta essenziale per gli apicoltori, in particolare, e per tutto l’eco sistema in generale. La fioritura molto tardiva, non rara ma anomala, e l’alto contenuto di polline dei suoi fiori dell’ALBERO DEL MIELE costituiscono degli elementi da considerarsi indispensabili per la conduzione e salute delle api e di tutto l’apiario. La quantità di polline contenuto nel singolo fiore che forma l’intera inflorescenza è talmente elevata che le api se per riempire la sacca mellifica devono normalmente visitare 40/60 fiori di altre specie, con quelli dell’ALBERO DEL MIELE ne bastano 3/4 e possono rientrare nelle arnie. Per fare un paragone se in un ettaro di robinia (Robinia pseudoacacia) le api riescono a produrre 6/800 kg di miele, in altrettanta superficie dell’ALBERO DEL MIELE ne riescono a produrre 1.100/1.300. Nel periodo di riposo o di assenza di fioriture mellifere, l’apicoltore deve provvedere lui stesso all’alimentazione delle api nelle arnie ed il miele ricavato dal polline dei fiori dell’ALBERO DEL MIELE, poco appetibile per l’uomo, risulta ottimo per le api. Le proprietà di questo miele sono notevoli e vanno ben oltre al semplice nutrimento. Studi in merito hanno appurato che le api, che durante il periodo invernale si sono nutrite di miele, ricavato dall’ALBERO DEL MIELE sono risultate esenti da attacchi di nosemiasi, la tipica diarrea invernale le che porta alla morte pressoché certa. Gli studiosi hanno notato che la peste, sia italiana che americana, ha scarso attecchimento nelle famigli delle api. Lo stesso varroe, l’acaro parassita che attacca le larve, trova le larve stesse più resistenti. Appare dunque chiaro quanto per l’apicoltore l’ALBERO DEL MIELE risulti importante sia per il miele prodotto in estate che risparmia, e può vendere, sia per il trattamento sanitario completamente biologico e gratuito che apporta all’arnia. Anche i semi oleosi che appaiono a fine autunno sono fonte molto importante di alimento! Difatti molti volatili gradiscono mangiarli assumendo nel contempo tutte le proprietà antibatteriche e antivirali in essi contenuti sebbene con minor effetto dovuto al peso superiore degli uccelli rispetto alle api.Come accennato nella descrizione della pianta, l’ALBERO DEL MIELE pur avendo una crescita molto veloce da giovane è anche molto resistente, cosa questa che permette di usufruire del suo legno per due motivi.Il primo, meno importante, l’utilizzo dei giovani rami per utensileria (manici, ecc.) il secondo come legno per biomassa a fini energetici che, data la sua consistenza, è ad alta resa. Soluzione, quest’ultima, ideale anche per il rafforzamento di pendii instabili soggetti a frane e sfruttamento di zone incolte. Perche’ il nome Albero del miele? La risposta sta nel fatto che l’Evodia e’ la pianta i cui fiori producono nettare in quantita’ superiore ad ogni altra pianta mellifera tale da permettere una produzione di miele di oltre 1200 kg/ettaro (acacia 700 kg/ettaro, phazelia 800 kg/ettaro). La pianta puo’ arrivare a 12 metri di altezza ed a 8/10 metri di larghezza chioma, – nei primi 3/4 anni puo’ crescere anche di 2 metri all’anno. Per crescere in modo ottimale l’albero non richiede terreni particolari (possono essere sia argillosi che sabbiosi) non gradisce pero’ terreni con ritenuta d’acqua stagnante e avendo svilluppato l’apparato radicale in grande profondita’ non teme anche lunghi periodi di siccita’ La distanza tra gli alberi, sia in piantagione che nel bosco, non deve essere inferiore ai 7-10 metri considerando il notevole sviluppo della chioma dell’albero adulto. Per quanto riguarda la durata della vita della pianta si consideri che, introdotta in Europa oltre 100 anni fa, in alcuni giardini botanici ne esistono tutt’ora esemplari viventi. Il legno presenta caratteristiche di durezza e nel contempo di elasticita’ tali che lo rendono adatto alla realizzazione di attrezzi da lavoro,manici ed utensili vari. riempire la sacca mellifica di un ape. VANTAGGI PER L’APICOLTURA Le piante fioriscono piuttosto tardi (da luglio a metà settembre), con una variabilità legata al clima e al terreno. Il paradiso del nettare, a seconda dell’andamento meteorologico, può durare anche fino ad ottobre. Durante la fioritura, su ogni infiorescenza si possono trovare gruppi anche di 100 api. Grazie all’elevato apporto nutritivo, le api si lanciano voracemente sui singoli fiori (si possono anche trovare 3 api contemporaneamente su un singolo fiore). L’albero, a causa della tarda fioritura, costituisce per numerosi insetti un ideale supporto verso la fine della stagione vegetativa (da qui deriva il nome inglese dell’albero Beebee-Tree). In America anche il tiglio americano viene chiamato allo stesso modo. PROPRIETÀ MEDICINALI Quando penso alla salute delle nostre api, ho in mente il pregio di una pianta nettarifera. Più variegata è l’offerta nettarifera, più in salute saranno “i popoli” delle nostre api. Le api, non solo sono molto laboriose, ma il loro comportamento offre spunti interessanti anche dal punto di vista umano. Le api, nella loro fisiologia, non sono paragonabili ai mammiferi (ai quali appartiene anche l’uomo). Le api lavorano sempre con un forte istinto verso l’allevamento salutare delle loro larve. La loro economia, basata sul principio delle scorte e dell’immagazzinamento, seleziona in modo intelligente il nutrimento ideale per riuscire a sopravvivere all’inverno. Le api adulte svernano meglio se in autunno hanno immagazzinato polline e nettare con proprietà medicinali. A questo punto è bene porsi un interrogativo? Se il nettare abbia queste proprietà benefiche non solo per le api adulte ma anche per le larve. Che il polline di Evodia impedisca la crescita di batteri sembra essere una cosa ormai certa. Per capire l’importanza di questa pianta per l’apicoltura, è lecito gettare lo sguardo sulla medicina umana. Nella medicina giapponese e cinese, i semi e i frutti quasi maturi, provabilmente anche le foglie, vengono utilizzati nella medicina popolare. In Giappone, da anni, nella medicina generale “alternativa” (la cosiddetta medicina Kampo della fitoterapia giapponese), viene esaminata l’efficacia del succo estratto dai frutti e dai semi rossi e neri del frassino puzzolente e dell’Evodia rutaecarpa. Nel frattempo si sono riscontrati risultati positivi nella lotta contro l’emicrania e la diarrea. Si è giunti alla conclusione che non una singola sostanza isolata, ma l’insieme dell’essudato ricavato ha un’efficienza migliore; nel senso della medicina di Paracelso, ne deriva un miscuglio di diverse sostanze con proprietà sinergiche e privo di effetti collaterali. CONTENUTI E PROPRIETÀ TERAPEUTICHE Nei frutti odorosi e con sapore fortemente amaro, in piccola parte anche nei fiori e nelle foglie, sono contenuti gli alcaloidi Evodiamina (deidroevodiamina, piccole dosi di idrossi-evodiamina), Rutacarpina (un alcaloide debolmente basico chiamato fino a poco tempo fa Evocarpina), Limonina e Berberina. Questi alcaloidi hanno un’azione antibiotica (antivirale e antibatterica), sono analgesici, astringenti, ricostituenti, diuretici, proteggono gli organi, stimolano il sistema immunitario e la contrazione dell’utero. Inoltre, riducono grazie alla loro azione riscaldante la sensibilità al freddo e hanno dei benefici sul sistema cardiocircolatorio. CONSEGUENZE PER LA SALUTE DELLE API L’efficacia farmacologica dei principi attivi dell’Evodia è certa. Un famoso scienziato ha sempre ipotizzato nel comportamento delle api in fase di raccolta anche una selezione basata sulle proprietà medicinali delle piante visitate (e la frequentazione massiccia dei fiori di Evodia ne sottolinea l’importanza farmacologica). Questo è simile a ciò che accade per le piante medicinali come il timo, la melissa, la filipendula, i salici, l’achillea, il tiglio, ecc. Essudati, altamente concentrati, dei semi venivano utilizzati come mezzo dimagrante. Paracelso, nei suoi trattati, parlava di una efficienza medicinale inversamente proporzionale alla concentrazione. Questo vuol dire che in quantità a bassa concentrazione di Evodiamina si ha un effetto positivo sulla digestione. Visto che nel nettare e nel polline le Evodiamine si trovano in bassa concentrazione, il loro effetto è positivo sul sistema circolatorio delle api. Gli acari parassiti di Varroa destructor portano ad uno stress energetico e indeboliscono drasticamente il sistema immunitario delle api. Quando si verificano infezioni secondarie, le api non sono più in grado di contrastarle. Infezioni virali e batteriche del tratto intestinale durante il periodo invernale e diarrea ne sono la conseguenza. I principi attivi di Evodia assunti sotto forma di nettare e polline rafforzano le difese immunitarie, combattono i disturbi intestinali e bloccano le infezioni batteriche e le api se ne avvantaggeranno.............

 
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