In questo video vi spieghiamo brevemente come mettere a dimora una pianta di vite in vaso.

Stanchezza del terreno

Nel caso vi sia la necessità di reimpiantare rapidamente il vigneto espiantato, senza attendere almeno uno o due anni prima di procedere al nuovo impianto e adibendo nel frattempo la superficie a prato o a coltura cerealicola, è buona norma cercare di allontanare la maggior quantità possibile di radici dal suolo. Questo può essere ottenuto attraverso ripetuti passaggi con l’estirpatore o, meglio ancora, utilizzando al momento dello spianto opportuni attrezzi che lavorando sul filare riescono a sterrare buona parte dell’apparato radicale. Questa operazione è importante in quanto le radici possono essere sede d’ospiti fungini (rosellinia, fusarium verticillium ecc.), di virus che si trasmettono tramite nematodi, d’essudati radicali (es. tossine) ed altro, tutti con azione deprimente lo sviluppo dei futuri apparati radicali e di conseguenza delle giovani piante. Sempre nel caso del ristoppio (pronto reimpianto del vigneto), ha dato buoni risultati irrorare la vegetazione immediatamente dopo la vendemmia, con una soluzione al 1-2% di glifosate attendendo almeno 2-3 mesi prima dello spianto. L’erbicida sistemico ha una buona capacità di devitalizzare le radici e i nematodi. Ad ogni modo, è fondamentale perlomeno cambiare il portainnesto (non utilizzando il 420A, particolarmente sensibile alla stanchezza del terreno) ed evitare che i filari cadano esattamente nella stessa posizione dei precedenti. L’impianto a seguire subito dopo lo spianto è meglio tollerato nei suoli molto sciolti e ricchi di scheletro, nei quali l’accumulo delle sostanze nocive è inferiore.

Preparazione del terreno

Qualora si debba procedere a dei livellamenti o a delle sistemazioni più consistenti, è importante evitare di sconvolgere la naturale successione degli orizzonti, per non ridurre drasticamente la fertilità agronomica, chimica e biologica del suolo. È quindi buona norma operare prima lo “scortico” e, una volta eseguiti i lavori di sistemazione, ridistribuire uniformemente il suolo, per evitare stentati avvii di vegetazione e lenti sviluppi, tali a volte da richiedere costosi interventi agronomici di sostegno e pesanti sacrifici produttivi e qualitativi. Una volta sistemata la superficie in modo definitivo, devono essere evitate lavorazioni profonde, tipo il tradizionale scasso a 80-100 cm, che inevitabilmente riporterebbe in superficie terreno poco evoluto e poco fertile. È invece da preferire una ripuntatura a 100 cm di profondità, eseguita ogni 2-3 m ed in modo ortogonale (in pratica, a croce) seguita, nel caso vi sia da interrare della sostanza organica, da un’aratura superficiale (40 cm) o da una zappettatura; altrimenti può esser sufficiente, soprattutto nei terreni di medio impasto, far seguire alla ripuntatura una erpicatura. Ciò consentirà di conservare il più possibile l’autenticità del suolo con tutti i suoi vantaggi.

Analisi chimico-fisica del suolo

È di fondamentale supporto per ottimizzare la scelta del portainnesto e per la verifica del livello e del reciproco equilibrio tra gli elementi minerali (ad es. il rapporto tra Magnesio e Potassio, espresso in meq/100 g, deve corrispondere a valori prossimi a 5). Prima di procedere alla sistemazione definitiva del suolo (aratura ed erpicatura), distribuire gli elementi fertilizzanti necessari e poco mobili tipo Potassio, Fosforo e Magnesio. In presenza di un terreno omogeneo, è sufficiente far eseguire una determinazione chimica per ogni ettaro di superficie, prelevando il campione ad una profondità compresa tra 5 e 40 cm circa. In presenza di terreno povero di sostanza organica o intensamente rimaneggiato, è sempre consigliabile l’apporto di letame maturo (dalle 40 t/ha alle 100 t/ha nei casi di maggior necessità).

Lotta all’erosione e drenaggio

La vite soffre in modo evidente dell’eccesso di umidità nel suolo; gli interventi che permettono un rapido smaltimento dell’acqua in esubero consentono di ridurre o impedire i fenomeni di erosione e contemporaneamente creano un ambiente ipogeo maggiormente adatto all’attività radicale. Per i terreni di collina diventa allora prioritaria la semina e/o la conservazione del cotico erboso che impedisce il ruscellamento superficiale dell’acqua cui si accompagna il trasporto delle particelle terrose; si evita, inoltre, l’eccesso di umidità dei punti di accumulo dell’acqua. A questo fine, i filari devono avere però una giusta lunghezza (max 80-100 m) e una giusta pendenza. Per i terreni di pianura sono indispensabili le sistemazioni idrauliche tradizionali (baulature e scoline), oppure i più moderni sistemi di drenaggio tubolare sotterraneo, preceduti da un livellamento della superficie; impianto di drenaggio che permette di ridurre le zone improduttive e di utilizzare il sistema per interventi irrigui di soccorso (subirrigazione)